Il nuovo libro di Nicoletta Orlandi Posti
Prefazione di Erri De Luca

Precisazione degli anarchici romani al libro "La strage di Stato"



La precisazione degli anarchici romani
al libro "La Strage di Stato": documento pubblicato in http://stragedistato.wordpress.com:

I gruppi anarchici di Roma, impegnandosi per la divulgazione di questo volume – alla cui compilazione non è mancata la loro collaborazione – hanno espresso circostanziati motivi di riserva e dissenso ai militanti della sinistra extraparlamentare che ne hanno curato la definitiva stesura. Le riserve non riguardano la preziosa documentazione offerta dal volume ma tutto ciò che, inopportunamente, non è stato pubblicato o che è stato appena sfiorato, per esigenze di tempo e di spazio, per certi “condizionamenti” di parte riformistica e certe remore di natura prudenziale, che sarebbe stato bene disattendere. Tra i motivi di riserva citiamo, solo per non lasciarli del tutto nel vago, la mancanza di un capitolo in cui si precisassero, con ordine e fermezza, le assurdità, le incongruenze, le contraddizioni le nullità processuali dell’istruttoria sugli attentati, emerse fino al momento in cui il lavoro è stato dato alla stampa. La incompletezza della grave e forse determinante testimonianza dell’ex deputato comunista Stuani (pagg. 123/124) nella quale non è fatto cenno ad altre due lettere (oltre quelle di Ambrosini a Restivo) che sarebbero state inoltrate da Stuani ad un’alta personalità politica. Lo scopo e la destinazione di queste due lettere potrebbero illuminare sulla fine dei documenti che l’Ambrosini consegnò a Stuani. I dissensi, invece, si riferiscono a valutazioni politiche ed apprezzamenti che, in un volume del genere, destinato ad essere uno strumento di analisi e di lavoro a disposizione della sinistra extraparlamentare, dovevano essere evitati (anche in base ad un preciso impegno). Il capitolo “perché proprio gli anarchici” (pagg. 30/31), con un minimo di serenità, di chiarezza politica, di rispetto – anche su questo argomento – della verità (che – come hanno detto tanti pensatori nei secoli prima di Lenin e di Gramsci – è rivoluzionaria) avrebbe dovuto suggerire all’estensore una più seria e centrata analisi che, se condotta sul più appropriato tema “perché gli anarchici del 22 marzo”, sarebbe stata più aderente alla realtà politica, ai fatti ed alla linearità del libro. Non si è invece saputo o voluto fare di meglio che ricalcare i soliti giudizi reazionari, interpolando il pezzo con le ritrite frasi fatte tanto care alla stampa di ogni colore, pur di presentare lo anarchismo come una “teoria senza idee od alternative precise”. Passi quel ritenerci “la parte più debole dello schieramento di sinistra”, ammissibile da chi, per difetto congenito, valuta la forza del numero e non quella ben più determinante delle idee e della loro giustezza. Passi pure quel definirci “privi di protezione, senza amici”, il che, tradotto in termini rivoluzionari, espliciti, significa che non contiamo su simpatie ed appoggi… in “alto” tra politici e confindustriali, che non siamo disposti ai compromessi, a barattare la coerenza con insane e non certo disinteressate protezioni. Ma ciò che rifiutiamo decisamente (anche per gli anarchici del 22 marzo in carcere) è l’asserzione che saremmo “seguaci di una teoria politica articolata in varie tendenze, alcune delle quali sono spesso indefinibili o mal definite”. Qui riaffiora il vecchio vizio del monolitismo politico ed il settarismo di liquidare come incomprensibili tutte quelle idee che rifuggano da tale concetto. Che cosa significa affermare che una tendenza dell’anarchismo è spesso indefinibile? Od è sempre indefinibile o, se pur è definibile una sola volta, non è più indefinibile. E’ certamente vero che l’anarchismo, in ogni sua tendenza, raggruppa forze che tendono all’abbattimento della “società di stato” per il conseguimento della “società umana” e pertanto rappresenta sempre, in ogni momento storico e sopratutto rivoluzionario, il nemico conseguente e naturale dello stato, sia esso borghese o dittatoriale, l’oppositore coerente di ogni illusoria avventura riformistica. E’ certamente vero che in ogni momento autenticamente rivoluzionario, come in ogni, momento di repressione di stato (rappresaglia) “il sistema colpisce con tanta più virulenza quanto più i modi e gli obiettivi della lotta sono giusti”. E, piaccia o no allo estensore del pezzo in questione, i modi e gli obiettivi della lotta sono giusti nella misura in cui sono libertari, nella misura cioè in cui rigettano “le regole del gioco imposto dai padroni, lo unanismo dei servi e l’opposizione istituzionale dei falsi rivoluzionari ad ogni ipoteca autoritaria, statolatra, di leader o di casta egemone”. Gli anarchici, subito dopo gli attentati, avvertirono in ogni loro documento che la sporca manovra non era diretta a colpire il movimento anarchico specifico ma il movimento operaio-studentesco-contestatario in genere che, svincolato dalle pastoie e dall’azione cloroformizzante dei partiti e dei sindacati, stava prendendo coscienza di sé e pretendeva autogestire la sua lotta. Questa, cari compagni extraparlamentari, l’analisi giusta ed onesta, analisi che del resto sfiorate spesso nel volume, soprattutto laddove negate spazio al riformismo. Da questa analisi, se obiettivamente sviluppata, non può che conseguirne che, se l’extraparlamentarismo non vuol essere un atteggiamento alla moda ma sostanziare, con un atteggiamento responsabile e coerente, una precisa presa di coscienza politica, non può ignorare l’esistenza squisitamente libertaria connaturata ad ogni reale (non effimera o ingannevole) lotta rivoluzionaria. Altrimenti, nei fatti, l’extraparlamentarismo non riuscirà a superare il complesso di edipo, rimarrà visceralmente attaccato alla “mamma” e, nei momento della verità sarà il… parlamentarismo ad esercitare l’irresistibile richiamo verso il P.C.I. od il P.S.I. non importa, sarà la stessa urna e la stessa… greppia.

Gruppi Anarchici di Roma.

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