La precisazione degli anarchici romani 
al libro "La Strage di Stato": documento pubblicato in
 http://stragedistato.wordpress.com:
I
 gruppi anarchici di Roma, impegnandosi per la divulgazione di questo 
volume – alla cui compilazione non è mancata la loro collaborazione – 
hanno espresso circostanziati motivi di riserva e dissenso ai militanti 
della sinistra extraparlamentare che ne hanno curato la definitiva 
stesura. Le riserve non riguardano la preziosa documentazione offerta 
dal volume ma tutto ciò che, inopportunamente, non è stato pubblicato o 
che è stato appena sfiorato, per esigenze di tempo e di spazio, per 
certi “condizionamenti” di parte riformistica e certe remore di natura 
prudenziale, che sarebbe stato bene disattendere. Tra i motivi di 
riserva citiamo, solo per non lasciarli del tutto nel vago, la mancanza 
di un capitolo in cui si precisassero, con ordine e fermezza, le 
assurdità, le incongruenze, le contraddizioni le nullità processuali 
dell’istruttoria sugli attentati, emerse fino al momento in cui il 
lavoro è stato dato alla stampa. La incompletezza della grave e forse 
determinante testimonianza dell’ex deputato comunista Stuani (pagg. 
123/124) nella quale non è fatto cenno ad altre due lettere (oltre 
quelle di Ambrosini a Restivo) che sarebbero state inoltrate da Stuani 
ad un’alta personalità politica. Lo scopo e la destinazione di queste 
due lettere potrebbero illuminare sulla fine dei documenti che 
l’Ambrosini consegnò a Stuani. I dissensi, invece, si riferiscono a 
valutazioni politiche ed apprezzamenti che, in un volume del genere, 
destinato ad essere uno strumento di analisi e di lavoro a disposizione 
della sinistra extraparlamentare, dovevano essere evitati (anche in base
 ad un preciso impegno). Il capitolo “perché proprio gli anarchici” 
(pagg. 30/31), con un minimo di serenità, di chiarezza politica, di 
rispetto – anche su questo argomento – della verità (che – come hanno 
detto tanti pensatori nei secoli prima di Lenin e di Gramsci – è 
rivoluzionaria) avrebbe dovuto suggerire all’estensore una più seria e 
centrata analisi che, se condotta sul più appropriato tema “perché gli 
anarchici del 22 marzo”, sarebbe stata più aderente alla realtà 
politica, ai fatti ed alla linearità del libro. Non si è invece saputo o
 voluto fare di meglio che ricalcare i soliti giudizi reazionari, 
interpolando il pezzo con le ritrite frasi fatte tanto care alla stampa 
di ogni colore, pur di presentare lo anarchismo come una “teoria senza 
idee od alternative precise”. Passi quel ritenerci “la parte più debole 
dello schieramento di sinistra”, ammissibile da chi, per difetto 
congenito, valuta la forza del numero e non quella ben più determinante 
delle idee e della loro giustezza. Passi pure quel definirci “privi di 
protezione, senza amici”, il che, tradotto in termini rivoluzionari, 
espliciti, significa che non contiamo su simpatie ed appoggi… in “alto” 
tra politici e confindustriali, che non siamo disposti ai compromessi, a
 barattare la coerenza con insane e non certo disinteressate protezioni.
 Ma ciò che rifiutiamo decisamente (anche per gli anarchici del 22 marzo
 in carcere) è l’asserzione che saremmo “seguaci di una teoria politica 
articolata in varie tendenze, alcune delle quali sono spesso 
indefinibili o mal definite”. Qui riaffiora il vecchio vizio del 
monolitismo politico ed il settarismo di liquidare come incomprensibili 
tutte quelle idee che rifuggano da tale concetto. Che cosa significa 
affermare che una tendenza dell’anarchismo è spesso indefinibile? Od è 
sempre indefinibile o, se pur è definibile una sola volta, non è più 
indefinibile. E’ certamente vero che l’anarchismo, in ogni sua tendenza,
 raggruppa forze che tendono all’abbattimento della “società di stato” 
per il conseguimento della “società umana” e pertanto rappresenta 
sempre, in ogni momento storico e sopratutto rivoluzionario, il nemico 
conseguente e naturale dello stato, sia esso borghese o dittatoriale, 
l’oppositore coerente di ogni illusoria avventura riformistica. E’ 
certamente vero che in ogni momento autenticamente rivoluzionario, come 
in ogni, momento di repressione di stato (rappresaglia) “il sistema 
colpisce con tanta più virulenza quanto più i modi e gli obiettivi della
 lotta sono giusti”. E, piaccia o no allo estensore del pezzo in 
questione, i modi e gli obiettivi della lotta sono giusti nella misura 
in cui sono libertari, nella misura cioè in cui rigettano “le regole del
 gioco imposto dai padroni, lo unanismo dei servi e l’opposizione 
istituzionale dei falsi rivoluzionari ad ogni ipoteca autoritaria, 
statolatra, di leader o di casta egemone”. Gli anarchici, subito dopo 
gli attentati, avvertirono in ogni loro documento che la sporca manovra 
non era diretta a colpire il movimento anarchico specifico ma il 
movimento operaio-studentesco-contestatario in genere che, svincolato 
dalle pastoie e dall’azione cloroformizzante dei partiti e dei 
sindacati, stava prendendo coscienza di sé e pretendeva autogestire la 
sua lotta. Questa, cari compagni extraparlamentari, l’analisi giusta ed 
onesta, analisi che del resto sfiorate spesso nel volume, soprattutto 
laddove negate spazio al riformismo. Da questa analisi, se 
obiettivamente sviluppata, non può che conseguirne che, se 
l’extraparlamentarismo non vuol essere un atteggiamento alla moda ma 
sostanziare, con un atteggiamento responsabile e coerente, una precisa 
presa di coscienza politica, non può ignorare l’esistenza squisitamente 
libertaria connaturata ad ogni reale (non effimera o ingannevole) lotta 
rivoluzionaria. Altrimenti, nei fatti, l’extraparlamentarismo non 
riuscirà a superare il complesso di edipo, rimarrà visceralmente 
attaccato alla “mamma” e, nei momento della verità sarà il… 
parlamentarismo ad esercitare l’irresistibile richiamo verso il P.C.I. 
od il P.S.I. non importa, sarà la stessa urna e la stessa… greppia. 
Gruppi Anarchici di Roma.
 
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